
Rieti, sanità. I reatini continuano a cercare cure fuori provincia: mobilità passiva al 32,8%

L'indice legato alla mobilità passiva non ha mai giocato a favore della Asl reatina e certamente il Covid non ha contribuito a migliorare il quadro. A dirlo è il rapporto Bes - Benessere e salute 2021 dell'Istat secondo cui la percentuale dei reatini che l'anno scorso ha scelto di curarsi fuori dei confini territoriali arriva al 32,8%, un indice altissimo specie se rapportato a quello della media regionale del 9,1%; subito dopo Rieti c'è Viterbo con il 22,8%. Ma la pandemia - e le scelte sanitarie legate alla gestione della stessa come, ad esempio, il trasferimento, a fine 2020, dell'attività chirurgia di maggiore complessità, a cui era necessario garantire una risposta nel breve termine, dall'ospedale de' Lellis a Villa Tiberia Hospital di Roma - non è stata l'unica causa della crescita della mobilità passiva realmente esplosa l'anno precedente, nel 2019, passando dal 18,3% al 28,6%.
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"Il fenomeno - dichiara Sandro Antonacci della Cisl-Fp - non è nuovo, né degli ultimi anni ma riferito a molto tempo indietro, con un trend in continuo aumento da invertire assolutamente investendo nelle professionalità e facendo in modo che i medici che vengono alla Asl reatina a lavorare non scappino appena è loro possibile. Abbiamo settori di sanità che funzionano bene - ortopedia, oncologia, radioterapia per fare degli esempi - perché ci sono professionalità all'altezza della situazione, che vanno implementate anche negli altri servizi". "Se le cose stanno realmente così la questione è a dir poco grave - sottolinea Domenico Teodori della Uil-Fpl - Sono dati che non posso né confermare, né smentire perché, semplicemente, non conosco. Ciò che possiamo fare - conclude - è chiedere lumi alla direzione aziendale".
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Interessante anche il dato sulle giornate di degenza, fornito da Nome Officina Politica già intervernuta sul fenomeno della mobilità sanitaria da Rieti verso altre strutture regionali e fuori regione, dato, insieme agli altri, proveniente dalla banca degli indicatori territoriali per le politiche di sviluppo (dipartimento Politiche di coesione della presidenza del consiglio dei ministri e l'Agenzia per la coesione territoriale). Esso rileva una diminuzione dalle 111 mila 557 giornate di degenza del 2018 alle sole 71 mila 442 del 2019 (-35%) "a cui corrisponde, evidentemente, una corposa diminuzione dell'attività ospedaliera", dicono dall'associazione politica. "Al netto della verifica dei trend successivi al 2019 - aggiungono da Nome -, questi rappresentano ben più di un campanello di allarme per le esigenze dei cittadini, per la qualità dell'offerta sanitaria, per lo sviluppo professionale e la programmazione degli investimenti".
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